Per i lunghisti che, al termine
degli anni 50, avevano superato i sette metri, c’erano due idoli:
Attilio Bravi, che, avvicinatosi con 7 m 66, con la tecnica del jump semplice,
a pochi centimetri dal record
italiano di 7, 73, si era guadagnato la partecipazione alle Olimpiadi di Roma
del 1960, ed appunto Arturo Maffei, detentore del record, forse ventoso, realizzato nel 1936 a Berlino, dove si piazzò quarto dietro Owens,
Long ( Lutz ) e Tajima (questi anche vincitore della medaglia d’oro nel triplo,
con record mondiale e primo 16.00 della storia) a conferma di una
scuola giapponese in questa gara, avendo vinto con Oda nel 1928 e con Nambu nel
1932 ).
Owens era invece la leggenda del salto in lungo.
James Cleveland Owens detto Jesse dal fatto di aver risposto all’appello in classe dicendo di chiamarsi J (GEI) C ( SI ).GEI + SI = Jesse.
La leggenda riporta anche che, dopo le prestazioni del “ Day of the days “ ( Il giorno dei giorni ) quando ad
Ann Arbor, il 25 maggio 1935, in circa 50 minuti, battè quattro
record mondiali e cioè 100 yards piane, 220 yards piane, salto in lungo e 220 yarde con ostacoli, il suo J.C. fosse in realtà l’iniziale di
Jesus Christ.
Certo la leggenda non fù mai avallata dal religiosissimo Jesse.
La cronaca dell’epoca recita
esattamente così:
“Quel giorno Jesse venne aiutato da un amico ad uscire dall’auto, a causa di una caduta per le scale che gli
aveva provocato dolori lancinanti alla schiena. Ma allo stadio Ferry Field, per
il meeting dei Big Ten, c’erano 10.000 spettatori ad attenderlo ed un vento
inferiore alle 3 miglia l’ ora e non poteva mancare, anche se i suoi compagni
di squadra dovettero aiutarlo a mettersi tuta e scarpette con i chiodi.
Alle 15.15, al momento di mettersi sui blocchi, il dolore passò d’incanto ed eguagliò il record mondiale
delle 100 yards in 9”4. 10 minuti dopo saltò in lungo 8.13, altro record
mondiale. Alle 15. 45 si ripeté nelle 220 yards realizzando il record mondiale in 20” 3. Concluse 15 minuti dopo con la ciliegina sulla torta, correndo le 220 yards con ostacoli in 22. 6, ovviamente nuovo record mondiale “. Era il 25 maggio
del 1935.
Jesse quel giorno saltò 8m13 ma non ci sono filmati.
C’è invece il filmato della gara di Berlino, vinta con 8,06, ma con uno strano doppio salto all’arrivo sulla
sabbia, che dimostra una scarsa tecnica, almeno in fase di chiusura. ( Jesse
saltava con la tecnica detta del 2 ½, mentre Long iniziò col jump semplice
per poi ricorrere al 3 ½, stessa tecnica usata dal nostro Maffei.
Saltando meglio, anche con la
pista in terra rossa, dall’alto del suo 10”2 sui 100 piani (altro record
mondiale ), Jesse avrebbe potuto superare gli 8 m 30.
L’impresa riuscì per primo al
russo Ter Ovanesian, il principe Igor, di origini armene, che
saltò 8. 31 a Yerevan nel 62, detronizzando il recordman Ralph Boston,
vincitore delle Olimpiadi di Roma del 1960 con 8. 12 ( terzo Ter
Ovanesian ) e primo uomo a superare il record di Owens con questa
serie : 8. 21 nel 60, 8. 24 nel maggio 61 ed 8. 28 nel luglio dello stesso
anno.
Boston eguagliò il record di Ter
Ovanesian, il giorno di Ferragosto del 1964, salì a 8.34 a settembre e ad 8.35 nel maggio del 65.
Liquidato il conto
con Ter Ovanesian ? Manco per sogno ; il principe Igor difese la
sua casta e piazzò il suo 8.35, nel 1967, approfittando dell’altitudine della
preolimpica di Città del Messico.
Da tener presente, che i due
rivali erano scivolati entrambi nel 1964, sulla pedana viscida
delle Olimpiadi di Tokyo, dove le condizioni del tempo furono più favorevoli
al gallese Lynn Davies che piazzò lo stacco vincente con 8. 07(
secondo Boston e terzo Ter Ovanesian ).
Quindi nel 68, alle Olimpiadi
tutti ci aspettavamo la resa dei conti e ci piazzammo davanti al televisore per
goderci la manifestazione.
Nelle gare preolimpiche di
qualche giorno prima, c’era stato un saltino di circa 8,50 di Beamon,
ma molto ventoso e quindi assolutamente inaffidabile. Beamon era
semisconosciuto. (Sarebbe stato però illuminante tradurre la prima parte del
suo nome : Beam = Raggio, fascio di luce …)
Ma la vittoria se la
sarebbero certamente contesa Boston e Ter Ovanesian.
Quando Beamon saltò nella finale, sembrò salire e fermarsi in aria. Qualcuno disse che era in
lievitazione. Vento a favore ? Forse. Lievitazione ? Chissà. Risultato
tecnico ? 8 m 90 !!!!!
Mai visto nulla del genere in
pedana, almeno fino ad allora.
Da rilevare in campo italiano,
che, nello stesso anno, ad agosto, era stato battuto con 7. 91 anche
il record italiano di Maffei, dal cussino Giuseppe Gentile, detto il
Gattopardo, il quale, a Città del Messico, battè due volte il record
mondiale del triplo con 17.10 e 17.22, pur non effettuando salti
tecnicamente eccezionali. Peppe, nipote del fratello del filosofo,
ricordava nel fisico
Ter Ovanesian valeva davvero 18 metri.
Tutti i compagni di allenamento
erano convinti di ciò, per le cose che gli vedevano fare con una facilità
impressionante, guidato da un tecnico eccezionale : Luigi Rosati, questi
allenatore anche di Luigi Rausa che realizzò la migliore
prestazione mondiale di lancio del giavellotto per diciottenni con 71. 67.
Williams, 8. 24 nel 72,
Robinson, 8. 35 nel 76, Dombrowsky ( Germania dell’Est..) 8. 54
nel 1980 non portarono nulla di nuovo.
Nel 1984 arrivarono però appaiate
le novità per il mondo e per l’Italia.
L’Olimpiade fu vinta da Lewis in
8.54 e terzo giunse il nostro Evangelisti in 8.24, primo podio ed a tutt’oggi
, unico per noi, alle Olimpiadi.
Carl Lewis, si ripetè,
unico nella storia del salto in lungo, ( solo Oerter, ma nel disco,
vinse quattro medaglie d’oro consecutive nel 56, 60, 64, 68 )
saltando rispettivamente 8.72, 8. 67, 8. 50, ma non
riuscì mai a battere il record mondiale, cosa che riuscì invece a Powell ai
campionati mondiali di Tokyo del 1991 con 8 m 95. Powell, che non vinse mai le Olimpiadi, si riconfermò campione del mondo nel 1993 con 8.59.
Lewis vinse anche le prime due
edizioni dei campionati mondiali con 8.55 ad Helsinki ed 8.67 a Roma ed al termine della gara, sotto il tunnel che porta agli spogliatoi dell’Olimpico, ebbe
bisogno dell’aiuto dei responsabili dell’organizzazione, per tenere
lontana la folla di giornalisti che volevano intervistarlo. Qualche minuto più
tardi passò invece Evangelisti, ignorato da tutti già prima di sapere cosa era
successo con la misurazione del suo salto.
Powell vinse nel 91 con 8.95, un
salto considerato dai tecnici perfetto sia nell’avvicinarsi alla pedana, sia
nella posizione di battuta col piede sinistro, nel capo molto arretrato
, nel suo tre e mezzo, nella chiusura e nella caduta accentuata verso il
lato per evitare di perdere centimetri preziosi.
Una grandissima gara considerato
che Lewis, con 8.91 ( con vento a favore di 2.9, oltre i limiti ), fu solo
secondo.
Powell saltò 8. 54 nella
seconda prova, con una rincorsa di 22 passi e fece un nullo superiore a 8.80
nella quarta prova. Nella quinta realizzò il suo record mondiale con vento
quasi nullo a 0. 3 :
Lewis, con una rincorsa di 21
passi e con stacco di destro saltò oltre a 8.91, 8.87 ed 8. 84.
Myricks fu solo terzo con 8.
42 mentre Evangelisti si piazzò settimo con 8.01 !
Ciò conferma la magnitudine di
questa gara.
Powell vinse ancora un mondiale
nel 93 con 8. 59, mentre il cubano Pedroso vinse per 4 volte dal 95 al 2001,
con 8. 70, 8. 42, 8. 56, ed 8. 40. Dwight Phillips
conquistò invece gli ultimi due, con 8. 32 ed 8. 60.
Pedroso vinse anche le Olimpiadi
nel 2000 con 8. 55 e così Phillips con 8. 59 nel 2004.
L’unico a non vincere le
Olimpiadi dopo i mondiali è stato proprio il primatista mondiale.
Il nostro Evangelisti, dopo il
bronzo di Los Angeles non si comportò male, arrivando quarto alle Olimpiadi
di Seoul con 8. 08. Ai Campionati Europei del 1982 fu sesto, nel 1986
terzo, e nel 90 di nuovo sesto.
Nel 1982 superò, primo in
Italia, gli 8 metri, prima con 8.10 indoor e poi con
8. 07 outdoor. Nel 1983
Piochi saltò 8. 09 all’aperto, eguagliato lo stesso anno da
Evangelisti, il quale nel 1984 si migliorò tre volte con 8.15, 8. 16 e
con l’8. 24 delle Olimpiadi di Los Angeles. Ripetè l’8.24 nel 1986 per
superarsi ancora due volte, ma nella pedana di casa di San Giovanni Valdarno,
il 16 maggio 1987 con 8. 31 e quindi 8. 43, quest’ultimo tuttora record
italiano, ma minacciato da vicino dall’ 8. 41 realizzato da Andrew Howe nel
2006.
Andrew, a parte il record, ha
guadagnato l’ unica medaglia d’oro di un lunghista italiano con la vittoria ai
recenti campionati europei. ma non va neanche dimenticata quella da junior ai
campionati mondiali di categoria, doppiata da quella dello stesso metallo nei 200 metri.
Tecnicamente Andrew che adotta il
tre e mezzo, ha ancora un angolo di salita basso, proprio nella parte in cui
eccelle il Saladino da Panama, un altro che sembra entrare in
lievitazione dopo lo stacco. Ventitreenne, quest’anno ha saltato 8.
56 ( 1.6 di vento a favore ), ha poi vinto la Coppa del mondo ( bronzo per il nostro Howe ) ed è diventato l’eroe
di Panama. Si allena a San Paolo.
Sarà una bellissima sfida quella
tra i due che, come il canale televisivo cinese CCTV 9, che nella
nostra TV, al digitale terrestre, si è piazzata al canale 8, hanno cominciato
il countdown per le Olimpiadi del giorno 08-08-2008. L’8 è il numero più
fortunato nella tradizione cinese.
A quale saltatore porterà la
fortuna o le ali per andare per la prima volta oltre i 9 metri ?
( A proposito, ma con l’aiuto
del vento ed in altura al Sestriere c’è stato un volo di 8. 99 metri di Powell nel 92, ed un altro di 8.95 nel 94 ed infine uno di 8. 96 di Pedroso nel
95. ).
Forza ragazzi perché siete in
buona compagnia, perché un certo George Washington, saltò 6.78 in una gara effettuata all’accademia di West Point, qualche anno prima del 1776, data
dell’Indipendenza USA, precedente anche all’indipendenza francese dai re, del
1789.
Per gli italiani qualche
curiosità in più : Un primo salto, ma con pedana rialzata, appartiene con
5. 70 ad Attilio Soldini,
mentre il primo record senza pedana è di 6. 39, realizzato da
Gaspare Torretta, proprio nel 1906, esattamente cento anni fa.
Cento anni fa si saltava anche da
fermo, ed il mito dell’epoca è stato Ewry, vincitore nell’alto delle
Olimpiadi del 900 ( 1 m..655 ) del 904 ( 1 m.498 ) e del 908 ( 1 m. 57 ), del lungo nelle stesse Olimpiadi, con 3. 21, 3. 476, 3. 33 ed
infine del triplo con 10. 58 nel 1900 e con 10. 547 nel 1904.
I sistemi computerizzati di
allenamento sono oggi indubbiamente di grande aiuto, se pensiamo che
negli anni 50 c’era solo qualche scarpa speciale per il saltatore in alto russo
Stepanov ( primatista mondiale con 2. 16 ), o il libro di tecnica di
salto di Popov, però seguiti subito da studi di laboratorio che costruirono il
grande velocista Borzov.
Le scuole dei salti.
I russi, come lo erano stati i
tedeschi negli anni 30 nelle corse ed i giapponesi nel salto triplo,
crearono negli anni 50 una scuola per contrastare la naturale superiorità degli
americani, in particolare degli atleti di colore.
Si dedicarono soprattutto
ai concorsi.
Nei salti, vinsero l’alto nel 60
con Shavlakadze ( 2. 16 ), con il grandissimo Brumel nel 64 e poi
pluriprimatista mondiale, Tarmak nel 72 con 2. 23, Avdeyenko nel 1988 con 2
.38, Klyugin nel 2000 con 2.35.
Ma il primo a superare i 2. 20
fu l’americano Thomas con 2. 22 nel 60, mentre all’altro americano
Stones toccarono i 2. 30 nel 73. Un altro americano inventò lo stile
Fosbury, che gli permise di vincere le Olimpiadi del 1968.
.
I russi si presero però la briga
di superare per primi la vetta dei 2. 40 con Povarnitsin nel 1985.
Nell’asta hanno creato il mito
Bubka, ( unico capace di opporsi alla scuola americana ed a quella
francese ) primatista mondiale con 6. 14 dal 94 e 6. 15
indoor dal 93.
Qui la vera scuola o tradizione è
tutta americana a cominciare dal record di 4. 02 superato nel 1912 da Wright,
seguito dal 4.09 di Foss nel 20, ma con l’interruzione del norvegese
Hoff dal 22 al 27 con salti di 4. 12, 4, 21, 4. 23, 4. 25. Nel 27 Sabin
Carr riprende il record per gli USA, saltando
4. 26. Il record restò in USA
fino al 1962, dopo aver conquistato gli over 4.30 con Barnes, i
4.40 con Varoff i 4
. 50 con Sefton, i 4. 60 ed i 4.70 con il mitico Warmerdam, giunto a 4
.77 nel 42, saltando ancora con l’asta di bambù.Don Bragg arrivò per primo
sui 4. 80 nel 60 e conquistò anche la medaglia d’oro a Roma
.I 4. 90 andarono a Tork nel 62 ed i 5 m 00 a Sternberg.Dall’asta di metallo si stava passando all’asta in fibra vetrosa, che avrebbe
cambiato notevolmente le prospettive di record.
Interessante notare che le
….interruzioni dei record americani furono nel 62 di Nikula ( Finlandia )
,altro scandinavo, come più tardi, ma con 5. 51, 54, 55 nel 72 dello
svedese Isaksson.
Ma torniamo indietro per
confermare che oltre al record, gli americani dal 1896 con Wells 3. 50 fino
al 1968, con Seagren, non hanno mai mollato la medaglia d’oro ( 17
olimpiadi consecutive ; un record olimpico ).
Forse, soddisfatti da questa
situazione, O perché il numero 17 porta proprio sfortuna, mollarono la presa
fino al 2000, quando rivinsero con Hysong e si riconfermarono con Mack
nel 2004.
Tornando ai record, Seagren fu
il primo over 5. 60 nel 72 e Roberts passò i 5.70 nel 76.
Poi il record dell’asta passò per
diverse mani, dal polacco Kozakievich, in duello con Vigneron, primo 5.
80, Houvion e Quinon. Quinon vinse anche un ‘ olimpiade
nel 1984 come l’altro francese Galfione nel 1996. Ed abbiamo
presentato la scuola di Francia.
Si fan vedere i russi nel 1981
con il record appunto di 5. 81 di Polyakov, ma Quinon sale a 5. 82 e Vigneron
lo supera con 5.83. Ma l’anno dopo, cioè nel 1984 sale in cattedra un certo
Bubka che salta 5. 85, 5. 88 e 5. 90. Vigneron, lo stesso anno si
riprende il record con 5.91, ma Bubka chiude il conto nella stessa gara
saltando 5. 94.
Con il superamento dei 6. 10 nel
91 e 6.14 nel 94, Sergey mise il sigillo dell’imperatore, dello ZAR.
Ha fatto il record
outdoor 17 volte ma ha saltato 6. 15 indoor.
Non possiamo dimenticare
che la scuola russa dei salti venne esportata a Cuba, dove emerse
Sotomayor, vincitore nel 92 con 2. 34 ed attuale primatista mondiale con 2.
45.
La stessa scuola, sempre
esportata a Cuba, ha prodotto anche il grande Pedroso del lungo.
Un altro bel frutto di questa
scuola è stato il triplista Saneyev, vincitore delle Olimpiadi del 68,
72, 76, e medaglia d’argento nel 1980 ……ma solo secondo all’altro
russo Udmae. Oltre a questi c’ è una serie impressionante di podi dal 52 in poi.
Eppure il primo a superare i 17 metri fu il polacco Schmidt con 17. 03 nel 1960.
Schmidt aveva la capacità di
andare in forma l’anno pari, cioè quello che contava, evitando così i grossi
traumi che il triplo può provocare, e vinse per questo i campionati europei
del 58 e 62 e le Olimpiadi del 60 e del 64.
Un altro grande atleta è stato il
brasiliano Da Silva che ha conquistato 2 medaglie d’oro nel 1952 e 1956, alle
quali hanno fatto seguito 1 argento ed un bronzo di Prudencio
ed altri due bronzi di
De Oliveira. Oggi c’è Gregorio
che salta 17.72. Una bella scuola anche quella brasiliana.
Ma la prima scuola di triplo fu
proprio quella americana, che, conquistò le medaglie d’oro del 1896, 1900,
1904 e 1908 ( Nel 1904 a St Louis piazzò addirittura i primi sei )
. Gli americani sparirono poi per quasi 80 anni, ma riconquistarono il gradino
più alto del podio nel 1984 con Joyner, ( ma non c’erano i russi ), nel
92 con Conley, vincitore con un ventoso 18. 17 e nel 96 con un valido
18. 09 di Harrison.
Il primatista mondiale, londinese
di nascita, Jonathan Edwards ( 18. 29 nel 95 ) vinse invece nel
2000, seguito nel 2004 dal suo erede Olsson, dal potenziale ancora non
completamente espresso.
Edwards saltò anche 18. 43 ma
con vento favorevole di 2. 4 al secondo.
Grazie a Quercetani possiamo fare
questa divisione tra le distanze dell’hop, dello step e del jump cioè
tra il primo, il secondo ed il terzo balzo.
Il triplo in Usa è chiamato
infatti : hop, step and jump
18. 43
= 6.50
5.60 6.33
18.29
= 6.05
5.22 7.02
La suddivisione di cui sopra
conferma una volta di più quanto sia importante lo step. Infatti un errore sul
secondo salto, pregiudica la lunghezza della prova.
Saltando, saltando, siamo
arrivati alla fine, ma ci preme ancora ricordare le tecniche di quello che è
il salto per eccellenza e cioè il salto in alto.
All’inizio del secolo si saltava
con il Levden, una specie di sforbiciata con uno strano passaggio della seconda
gamba sotto la prima. Poi venne Horine con il suo salto di fianco
all’asticella, seguito, intorno alla fine degli anni 50, dallo
scavalcamento ventrale adottato splendidamente da Brumel. Fosbury ebbe invece
l’ispirazione di saltare con la schiena. Da allora il record è salito di
oltre 15 centimetri per arrivare ai 2. 45 attuali. Interessante notare
che il salto in alto si è migliorato in un secolo, girando pian piano la
schiena all’ asticella.